Una lettera d'amore nel carteggio di Linneo ha destato qualche pettegolezzo tra i posteri. Un amore indubbiamente fu, ma totalmente botanico e metaforico: grazie ad esso fu generata una figlia che ha perpetuato il nome di una delle prime donne a studiare seriamente le scienze naturali, legandola per sempre a un genere dalle bellissime fioriture, campione di adattamento all'aridità. Una lady al Capo di Buona Speranza Come lamentava l'allievo di Linneo Anders Sparman, la provincia del Capo negli anni '70 del Settecento era ormai diventata "un campo giochi per botanici". Tra i tanti che capitarono in Sud Africa in quegli anni, anche una lady inglese molto nota nella società scientifica britannica, Anne Monson. In viaggio per Calcutta per raggiungere il marito, un militare di stanza in India, si fermò a Cape Town nell'inverno (australe, corrispondente ai nostri mesi estivi) del 1774. Amica di Joseph Banks, non stupisce che a fare gli onori di casa fossero Francis Masson e Carl Peter Thunberg. Quest'ultimo, nel suo resoconto dei viaggi sudafricani, ricorda con ammirazione la colta lady, che se la cavava anche con il latino, che egli accompagnò a visitare diverse fattorie dei dintorni e che aiutò ad arricchire le sue collezione di piante ed insetti. La facoltosa dama aveva anche assunto un disegnatore che la aiutava a disegnare gli esemplari rari. Prima di partire, ricompensò lo svedese donandogli un prezioso anello. A loro volta, i due amici le dedicarono una specie di erica particolarmente bella, Erica monsoniana. Tra gli obiettivi del viaggio dell'intraprendente dama c'era anche vedere dal vivo la pianta che gli era stata dedicata dal grande Linneo in persona, Monsonia speciosa; sicuramente l'avrà vista, dato che Masson proprio quell'anno ne inviò esemplari a Kew, ma è improbabile che ne abbia goduto la fioritura: questa specie, effettivamente endemica del Capo, fiorisce all'inizio della primavera, quando lady Monson era già ripartita per l'India. La storia della dedica della Monsonia è molto curiosa e, si potrebbe dire, romantica. Lady Monson apparteneva alla migliore società britannica (sua madre era addirittura discendente del re Carlo II), ma da giovane era stata protagonista di uno scandalo - un figlio illegittimo seguito da un divorzio - che l'aveva relegata ai margini del bel mondo. Forse come reazione, si era dedicata con passione allo studio della botanica e più in generale delle scienze naturali, entrando in contatto con un importante vivaista, James Lee della Vineyard Nursery. Grande ammiratrice del sistema linneano, secondo la testimonianza di Edward Smith, futuro presidente della Linnean Society, non solo avrebbe incoraggiato Lee a tradurre in inglese la Philosophia botanica di Linneo, ma l'avrebbe aiutato nella traduzione (all'epoca era considerato sconveniente che il nome di una nobildonna comparisse sul frontespizio di un libro a stampa). Il libro, rivolto a un pubblico ampio e uscito nel 1760 con il titolo Introduction of Botany, a firma di Lee, fu determinante per la diffusione delle idee di Linneo in Gran Bretagna. Lady Anne divenne un personaggio influente nell'ambiente dei naturalisti britannici. Non era soltanto una mecenate che sosteneva finanziariamente giardinieri e botanici (ebbe sicuramente questo ruolo nei confronti di Lee, che chiamò sua figlia Anne in onore di lei; la ragazza divenne una celebrata illustratrice botanica e lady Monson le lasciò in eredità la collezione di insetti); fu anche una studiosa, con una preparazione profonda soprattutto in botanica, e una notevole collezionista. Il suo salotto era frequentato da molti bei nomi della Royal Society; fu proprio a un pranzo a casa sua che Solander sentì Banks raccontare dei preparativi del primo viaggio di Cook e si gettò ai suoi piedi, chiedendogli di portarlo con lui. Una lettera d'amore? Grazie a diversi corrispondenti, la fama della gentildonna botanica raggiunse ben presto Linneo. Lo sponsor più convinto fu Clas Alströmer, suo allievo che in quegli anni si trovava a Londra. La sua lettera del 10 luglio 1764 è un vero panegirico: "Lady Monson si è spinta nella conoscenza della botanica molto al di là di ogni altra donna, non in modo superficiale, come è comune nel suo sesso, ma in profondità. Ha belle collezioni dei tre regni della natura. Studia le vostre opere e le conosce bene. La stessa duchessa di Portland non ha un centesimo della sua sapienza. Sarebbe felice se un'erba venisse battezzata Monsonia. Il primo brindisi della sua tavola è sempre in onore di Linneo!". Circostanza confermata da un altro allievo e ospite della dama, Adam Kuhn, che a settembre dello stesso anno scrive: "Mentre gli altri sudditi britannici concludono ogni pranzo con un brindisi al re, lady Monson brinda a Linneo, Re del Regno di Flora". Sensibile all'adulazione, lo scienziato svedese fu lusingato dall'ammirazione di una donna così sapiente, oltre tutto bella e aristocratica; inoltre vedeva di buon occhio lo studio della botanica da parte delle donne, e aveva incoraggiato in tal senso le sue figlie (sia chiaro, al di fuori di ogni studio ufficiale e tanto più accademico). Non solo accolse dunque l'invito di dedicare un genere alla dotta signora, ma lo fece con una lettera sorprendente, una dichiarazione amorosa in piena regola (30 giugno 1765); dopo aver detto che pur non avendola mai incontrata, la vede nei suoi sogni, scrive: "Non è la prima volta che sono infiammato d'amore per un'esponente del bel sesso, ma vostro marito potrà dimenticarsi di me finché non attento al suo onore. Ma chi può ammirare un così bel fiore senza innamorarsene, benché in perfetta innocenza? Infelice il marito la cui moglie piace solo a lui. Vorrei essere felice di vedere il mio amore ricambiato, perciò vi chiederò un solo favore: che mi sia permesso di unirmi a voi nel procreare una piccola figlia che testimoni il nostro amore, una piccola Monsonia attraverso la quale la vostra fama si perpetui per sempre nel Reame di Flora". Per quanto qualcuno abbia favoleggiato di un vero innamoramento di Linneo, non si tratta che di una metafora, conforme a un certo stile galante dell'epoca (e forse la lettera, di cui ci è rimasta solo la bozza, non fu mai spedita). In ogni caso la "piccola Monsonia" nacque. Lady Monson, anche se non corrispose mai direttamente con Linneo, ebbe cura di inviargli esemplari naturalistici, tramite James Lee; anche in Bengala continuò le sue collezioni e fece ritrarre alcune piante da artisti locali, anche se morì pochi anni dopo il suo passaggio in Sudafrica (nel 1776). A ricordarla anche una pianta indiana, l'amaranthacea Trichuriella monsoniae. Nella sezione biografie qualche approfondimento della vita di questa gentildonna, sicuramente eccezionale per i suoi tempi, in cui anche le donne più colte erano relegate al ruolo di dilettanti, non potevano né pubblicare né accedere alle Università o alle società scientifiche. Monsonia, un genere... infiammabile Il genere Monsonia fu creato da Linneo nel 1767 nella dodicesima edizione di Sistema naturae. Inizialmente includeva la sola Monsonia speciosa, un endemismo del Capo di Buona Speranza, ma ben presto, grazie alla solerzia di Masson, si aggiunsero altre specie. Una fu addirittura battezzata M. filia dal figlio di Linneo, Carl jr.: infatti "nasceva" da M. speciosa. Una ben curiosa denominazione, sicuramente dovuta alla suggestione dell'infatuamento paterno, che non mancò di suscitare gli strali di Cavanilles, che gli rimproverò "la leggerezza di confondere somiglianza con filiazione" (per la cronaca, si tratta di un semplice sinonimo di S. speciosa, una specie dalle foglie molto variabili cui in passato furono attribuiti nomi diversi). Monsonia appartiene alla famiglia Geraniaceae, all'interno della quale si distingue per i fiori attinomorfi (ovvero a simmetria radiale), anziché zigomorfi (a simmetria bilaterale) e per il numero di stami (15 anziché 10). Comprende una trentina di specie, buona parte delle quali sono endemismi sudafricani, mentre poche specie sono presenti nell'Africa orientale, nel Sahara, nella penisola arabica e nell'Asia sudoccidentale, fino al Pakistan e all'India. Da quando nel 1826 de Candolle creò la sezione Sarcocaulon, presto elevata a genere, i botanici si sono divertiti ad allargarne e a restringerne i confini. Oggi, gli studi filogenetici hanno definitivamente confermato che Monsonia include Sarcocaulon, dividendo il genere in due gruppi: da una parte il gruppo Monsonia in senso stretto con erbacee annuali e perenni, dall'altra il gruppo Sarcocaulon con arbustive legnose. Proprio a quest'ultimo appartengono le specie più note e ambite dai collezionisti; tutte provenienti da zone semidesertiche (Sud Africa, Namibia, Angola), esse si sono mirabilmente adattate alle condizioni proibitive in cui vivono. Il fusto legnoso, talvolta semisucculento, spesso con forme contorte e affascinanti, funge da riserva; per quasi tutto l'anno, è privo di foglie, che spuntano dopo la prima pioggia o in caso di dense nebbie, seguite da splendide fioriture con fiori a cinque petali dai colori delicati che contrastano con il fusto tozzo, irregolare e spesso spinoso. Se la siccità si protrae, possono benissimo vegetare alcuni anni senza fiorire e senza emettere foglie. In alcune specie, i rami sono ricoperti di una sostanza cerosa, altamente infiammabile, che li protegge dall'eccessiva evaporazione. Un tempo erano usate come esca per accendere il fuoco (da cui i nomi afrikaans boesmankers e inglese bushman's candle). Altri approfondimenti nella scheda.
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Funzionario convertito alla botanica, John Clayton raccoglie piante in Virginia per Catesby e Gronovius (che usa i suoi esemplari e le sue note per pubblicare, senza autorizzazione, Flora virginica). Rimarrà invece senza editori il suo catalogo, benché l'abbia riscritto studiando da autodidatta il sistema linneano. Il suo contributo alla conoscenza della flora nordamericana è essenziale, e ben riconosciuto dalla scienza del tempo. Linneo lo stima e gli dedica un genere soprattutto nordamericano, Claytonia. Pubblicazione mancata, stima internazionale Anche se la mancanza di scrupoli di Gronovius (lo abbiamo visto in questo post), ma forse soprattutto la lontananza dagli ambienti editoriali europei impedirono la pubblicazione della sua opera maggiore, John Clayton rimane una figura importante nella nascita della botanica americana, in particolare per il suo contributo alla conoscenza della flora dell'America nord-orientale e per la partecipazione ai circoli scientifici su entrambe le sponde dell'Atlantico. Formatosi in Inghilterra, era giunto in Virginia a circa 25 anni, come funzionario della contea di Gloucester; a questa attività, unì la conduzione di una piccola piantagione e le esplorazioni naturalistiche. Il suo interesse per la natura fu probabilmente stimolato da Mark Catesby, un naturalista inglese che visitò la Virginia tra il 1712 e il 1719 e in seguito avrebbe pubblicato Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands, il primo resoconto sulla flora e la fauna delle colonie americane; per lui Clayton raccolse esemplari di piante e uccelli. Quando Catesby rientrò in Inghilterra, Clayton continuò a spedirgli materiali e, nel corso degli anni '30 del Settecento, incominciò da esplorare sistematicamente il territorio della Virginia allo scopo di raccogliere il materiale per una propria flora di quella colonia. Clayton era un ottimo osservatore, capace di scrivere descrizioni accurate; ma era un naturalista autodidatta, formatosi sul campo, scriveva in inglese (non in latino, lingua che padroneggiava male, come ammise in una lettera a Linneo) e aveva una scarsa conoscenza della letteratura scientifica europea. Proprio per questo, all'epoca non era in grado né di capire se le piante da lui raccolte erano nuove per la scienza o erano già state descritte, né di identificarle e denominarle correttamente. Fu così che si rivolse a Catesby per l'identificazione e che, attraverso Catesby, i fogli d'erbario di Clayton, arrivarono a Leida, dove furono studiati da Gronovius e Linneo. Nel 1737, in Hortus Cliffortianus, Linneo volle onorarlo dedicandogli uno dei generi di piante da lui scoperte in Virginia, Claytonia. Mano a mano che esplorava il territorio e acquisiva una conoscenza più approfondita della flora, Clayton prese a identificare le piante con più sicurezza e a creare proprie denominazioni (un esempio è Agastache); incominciò a stendere Catalogue of Herbs, Fruits, and Trees Native to Virginia, basato sul sistema di Ray che spedì a Catesby perché fosse tradotto in latino e pubblicato. Come si è visto parlando di Gronovius, questi lo rielaborò secondo il sistema linneano e lo pubblicò senza il permesso di Clayton. Inizialmente quest'ultimo (fosse per amore della scienza o per reverenza per un luminare europeo) la prese abbastanza bene, visto che negli anni successivi continuò a spedire a Gronovius altri esemplari che permisero all'olandese di pubblicare un secondo volume della sua Flora virginica con 300 specie aggiuntive. Successivamente, oltre alla Virginia, estese le sue esplorazioni al Canada (1746) e al bacino del Mississipi (1747 o 1748). Ma nel frattempo egli non aveva rinunciato al progetto di scrivere e veder pubblicata una propria flora, ma voleva farlo, a questo punto, secondo i criteri ormai imperanti nella scienza europea. A questo scopo si fece inviare dai suoi corrispondenti i libri più aggiornati, primi fra tutti quelli di Linneo. Intorno alla metà degli anni '50, stese così un secondo manoscritto che nel 1758 fu inviato a Collinson perché cercasse un editore; benché l'opera si avvalesse della collaborazione del famoso illustratore botanico Georg Dionysius Ehret, non trovò nessuno disposto a pubblicarla, perché il mercato era già saturato dalla seconda edizione della Flora virginica di Gronovius (uscita nel 1762). Collison gli consigliò allora di cercare di pubblicarlo in America, ma anche questa possibilità non si concretizzò. Quest'opera nata sotto cattiva stella non solo non vide mai la luce, ma persino il manoscritto andò perduto in un incendio nel 1787. Al di là di queste sfortunate vicende editoriali, Clayton fu una figura riconosciuta sia nelle colonie sia in Europa. Negli anni '40 iniziò una corrispondenza con il famoso botanico e raccoglitore John Bartram, con il quale scambiò per anni semi e consigli; grazie anche al materiale procuratogli dall'amico, poté così impiantare un notevole giardino botanico. Nel 1743, ancora grazie a Bartram, entrò a fare parte dell'American Philosophical Society, sorta proprio quell'anno, e presumibilmente entrò in contatto con Peter Collinson. Anche con il mercante inglese ci fu un proficuo scambio di semi (nel 1750 Clayton sperimentò sementi di grano procurate da Collinson). Collinson lo incoraggiò a estendere i suoi interessi ai muschi e ad altre crittogame; lesse alcuni suoi contributi alla Royal Society e ne pubblicò due sul Genteman's Magazine. Clayton fu in corrispondenza anche con Linneo (ci è rimasta una sola lettera, datata 1748), Kalm, Franklin e Thomas Jefferson. Nel 1747, su raccomandazione di Linneo, divenne membro della Reale Accademia Svedese delle Scienze. Nel 1773 fu eletto primo presidente della Virginian Society for the Promotion of Usefull Knowledge, ovvero la sezione locale dell'American Philosophical Society. Morì quello stesso anno. Una sintesi della vita nella sezione biografie. Gradisci un insalata di Claytonia? Gli esemplari dell'erbario di Clayton, giunti in Olanda tra gli anni '30 e '40, sono importanti per la storia della botanica, perché su di essi si basò Linneo per la descrizione di gran parte delle specie americane di Species Plantarum (1753); i duplicati ceduti da Gronovius entrarono a far parte dell'erbario di Linneo (ora conservato dalla Linnean Society di Londra); anche quelli appartenuti a Gronovius si trovano a Londra (furono acquistati da Banks e ora appartengono al Natural History Museum), dove sono andati recentemente a costituire il John Clayton Herbarium. La pianta che Linneo volle dedicare a Clayton (la dedica sarà ufficializzata appunto nella prima edizione di Species Plantarum) potrebbe essere uno di quei ritratti vegetali che tanto piacevano allo scienziato svedese. Claytonia virginica, la specie tipo, è ovviamente una pianta nativa (Clayton l'aveva raccolta nel 1735), piuttosto diffusa, un'erbacea di modesto aspetto, ma così splendida quando è in fioritura da essersi guadagnata il nome volgare springbeauty, "bellezza di primavera"; la fioritura estremamente precoce potrebbe alludere al ruolo dello stesso Clayton, pioniere della botanica americana. Il genere Claytonia, un tempo appartenente alle Portulacaceae, è stata recentemente assegnato alla piccola famiglia Montiaceae, ed è stato allargato a comprendere alcune specie staccate dal vicino genere Montia; comprende circa 25 specie erbacee, per lo più native del Nord America, con qualche propaggine a sud, in Centro America fino al Guatemala, e a est in Asia orientale. Sono piante erbacee perenni, talvolta annuali o perenni di breve vita; alcune specie, con foglie succulente, sono caratteristiche dei terreni montani ghiaiosi. Una di esse è la graziosissima C. megarhiza, una piccola alpina che produce densi racemi di fiorellini a 5 petali bianchi o fucsia che si dipartono da una rosetta di foglie succulente. Tra le più note C. sibirica (= Montia sibirica), diffusa dall'America settentrionale alla Siberia e ampiamente naturalizzata nelle isole britanniche; ha foglie succulente eduli, come C. perfoliata, nota negli Stati Uniti come "lattuga dei minatori" perché le sue foglie venivano consumate in insalata durante la corsa dell'oro in California. Di C. virginica si consumano invece i tuberi. Qualche notizia in più nella scheda. Un po' dottor Jekyll, un po' mister Hyde, il botanico olandese J. F. Gronovius riconosce immediatamente il genio di Linneo, pubblica a sue spese la prima edizione di Systema naturae, gli procura un lavoro e lo inserisce nella sua estesa rete di contatti con naturalisti di mezza Europa. Ma non esita a impadronirsi dell'opera del botanico americano John Clayton, riscrivendola e pubblicandola senza il permesso dell'autore. Per ironia della sorte (o malignità di Linneo?) il genere che lo celebra mostra una curiosa somiglianza con il dedicatario. Il protettore di Linneo... Nel 1735, quando Linneo arrivò in Olanda per conseguire la laurea in medicina, uno dei primi scienziati che incontrò fu Jan Frederik Gronovius. Quest'ultimo già ne conosceva il nome per aver letto recensioni del suo viaggio in Lapponia su riviste tedesche; e quando il giovane svedese (all'epoca aveva 28 anni) gli mostrò il suo Systema naturae fu così impressionato che gli propose di pubblicarlo a proprie spese. Dato che Linneo dovette lasciare Leida per Amsterdam, non solo Gronovius sostenne le spese di stampa (con l'aiuto di un medico scozzese, Isaac Lawson), ma seguì personalmente la pubblicazione, fino a sobbarcarsi la correzione delle bozze. Si trattava per altro di un volumetto in 12 pagine, estremamente sintetico (in forma di tabella), pubblicato in due versioni: in alcune copie, infatti, il testo era stampato su una sola facciata, per permetterne la consultazione anche sul campo, durate le escursioni naturalistiche. Inoltre Gronovius, che era un naturalista dilettante ma estremamente conosciuto e con una vasta rete di conoscenze, introdusse Linneo presso Boerhave, il più stimato botanico olandese, e lo aiutò a trovare una sistemazione in un momento di difficoltà economica, raccomandandolo a George Clifford, un facoltoso appassionato anglo-olandese, di cui Linneo diventò medico personale e curatore del giardino di Hartekamp. Gli mise inoltre a disposizione la sua biblioteca e le sue cospicue collezioni naturalistiche, in particolare il proprio erbario, e lo aiutò a inserirsi nell'ambiente internazionale dei naturalisti, consigliandolo e fornendogli lettere di presentazione in occasione del suo viaggio in Inghilterra e in Francia (1736). Gronovius apparteneva a una illustre famiglia di intellettuali, legata da quasi un secolo all'Università di Leida, a partire del nonno omonimo (Johann Friedrich Gronow, 1611-1671, che latinizzò il proprio nome in Gronovius), un celebre filologo di origine tedesca; filologi erano ugualmente il padre Jacob (1645-1716) e il fratello Abraham (1695-1775), che fu anche direttore della biblioteca dell'università. Il nostro Jan Frederik era invece un medico e fu membro del senato cittadino e più volte sindaco di Leida. Ma soprattutto fu un appassionato naturalista, creatore di un notevole erbario e di un ricco gabinetto di curiosità, tappa obbligata per i visitatori dei Paesi Bassi. Già facoltoso grazie alle sua famiglia, con due successivi matrimoni acquisì un solido patrimonio che gli permise di dedicarsi all'arricchimento delle proprie collezioni di piante essiccate, animali e minerali. Nella prima metà del Settecento, Leida, dove Clusius aveva creato il primo orto botanico dell'Olanda, era un centro universitario di grande reputazione, che attirava in particolare studenti dalle isole britanniche. E' probabilmente grazie a queste frequentazioni che Gronovius apprese perfettamente la lingua inglese e poté stabilire duraturi contatti con ex studenti di Leida inglesi e scozzesi. La sua rete di corrispondenti (con i quali scambiava libri e esemplari) era alquanto vasta e comprendeva studiosi di mezza Europa, ma i rapporti più fruttuosi furono proprio quelli con il mondo anglosassone, in particolare con raccoglitori e studiosi che operavano nell'America settentrionale. Tra di loro troviamo Mark Catesby, che raccolse piante in Virginia e più in generale nelle colonie americane sud-orientali e nelle Antille; William Houstoun (o Houston) che esplorò Cuba, la Giamaica, il Venezuela e la regione messicana di Vera Cruz; il medico Cadwallader Colden e sua figlia Jane, la prima botanica americana; John Clayton, che ugualmente operò in Virginia. Tra i suoi corrispondenti inglesi, troviamo anche il mercante-collezionista Collinson, della cui rete egli si giovò per accedere alle piante raccolte da John Bartram. Un po' pirata, un po' naturalista... La rete americana di Gronovius è alla base di una vicenda decisamente inquietante. Nel 1734 e nel 1735, Clayton inviò a Catesby (che era rientrato in Inghilterra ed era considerato uno specialista della flora del nuovo mondo perché stava pubblicando Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands) due grossi carichi di esemplari raccolti in Virginia. Catesby non riuscì ad identificare molte piante; trattenne alcuni esemplari per il proprio erbario (a sua volta Collinson tenne per sé una parte dei semi) e inviò il grosso in Olanda a Gronovius, perché li identificasse. Di fronte all'enorme mole di materiale, Gronovius chiese l'aiuto di Linneo, che in quel momento lavorava per Clifford a Hartekamp. Nel frattempo, Clayton aveva scritto un catalogo delle piante da lui raccolte in Virginia, organizzate secondo il metodo di Ray; inviò anche questo a Catesby, chiedendogli di cercare un editore. Catesby spedì il manoscritto a Gronovius. L'olandese, con la collaborazione di Linneo, rivide completamente il testo e riclassificò le piante seguendo il metodo linneano; senza chiedere il permesso a Clayton, pubblicò il frutto del suo lavoro con il titolo Flora virginica (1739-1743). Se non di un plagio (come si vede dall'immagine, nel frontespizio compare anche il nome di Clayton, stampato più in alto e in corpo maggiore rispetto a quello di Gronovius), si tratta di una grave scorrettezza che di fatto privò Clayton della sua proprietà intellettuale. La natura dell'operazione salta agli occhi dalla lettura del titolo nella sua interezza: Flora virginica, exibens plantas quas Johannes Clayton in Viriginia observavit et collegit, easdem methodo sexuali disposuit, ad genera propria retulit, nominibus specificis insignivit, et minus cognitas descripsit Joh. Fred. Gronovius, "Flora della Virginia, in cui si descrivono le piante che John Clayton osservò e raccolse in Virginia, che J. F. Gronovius ha classificato secondo il metodo sessuale, ha assegnato al genere corretto, ha dotato di nomi specifici e di cui ha descritto quelle meno conosciute". Come si vede, Clayton, da autore, è stato ridotto a mero raccoglitore, mentre tutto il merito scientifico è attribuito a Gronovius; quest'ultimo, in effetti, non solo cambiò il metodo di classificazione, ma operò una totale riscrittura, sostituendo i nomi polinomiali proposti da Clayton (spesso ridotti a meri sinonimi) con altri attinti da opere precedenti o creati da lui stesso. Qualche anno più tardi, nel 1762, mentre Clayton, ovviamente assai insoddisfatto del trattamento subito, lavorava a una propria versione, il figlio di Gronovius avrebbe reiterato l'offesa pubblicando una seconda edizione, precludendo ogni possibilità di pubblicare all'americano, che non riuscì a trovare un editore per il proprio lavoro né in Europa né in America. Nonostante questa sgradevole vicenda, Flora virginica rimane un'opera importante, ed ebbe un rilevate ruolo storico. Oltre a essere la prima trattazione complessiva della flora della colonie americane, rimasta a lungo un testo di riferimento, fu la prima opera botanica ad adottare il sistema di classificazione di Linneo, di cui fu la principale fonte per le specie americane descritte in Species plantarum. Molte delle denominazioni assegnate da Gronovius alle piante americane furono validate da Linneo e sono tuttora in uso. Gronovius compilò anche una Flora orientalis, basata sull'erbario di Leonhard Rauwolf (1535-1596), che tra il 1573 e il 1575 viaggiò e raccolse piante in Levante e in Mesopotamia, in cui riclassificò, sempre seguendo il metodo linneano, circa 350 piante. Come si è visto in questo post, battezzò la Linnaea borealis in onore di Linneo; creò il genere Gerbera. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Anche suo figlio Laurentius Theodorus (1730-1777) fu un naturalista, soprattutto uno zoologo e un ittiologo; allo stesso modo in cui il padre aiutò il giovane Linneo, ebbe la ventura di essere tra i protettori di Carl Peter Thunberg, che proprio grazie al suo interessamento poté essere assunto dalla Compagnia olandese delle Indie Orientali e dare inizio ai suoi viaggi in Sud Africa e Giappone. Gronovia, l'arrampicatrice Fu un altro raccoglitore di piante americane a raccogliere e dedicare a Gronovius la pianta che ne avrebbe perpetuato il nome. Si tratta del chirurgo scozzese William Houstoun (o Houston) che nei suoi viaggi nelle Antille e in Messico raccolse molte nuove piante, tra cui una rampicante erbacea messicana che denominò Gronovia repens, in onore del corrispondente Gronovius il quale gli rese il favore creando il genere Houstonia. Entrambi furono poi validati da Linneo nel 1753 nella prima edizione di Species plantarum. Gronovia è un piccolo genere della famiglia Loasaceae, che comprende solo due specie: appunto G. repens, di ampia diffusione dal Messico al Perù settentrionale, e G. longiflora, endemica del Messico meridionale. Sono erbacee rampicanti a veloce crescita dei boschi aridi caducifogli, annuali che nascono alle prime piogge, per poi seccare al ritorno della stagione secca; sono caratterizzate da foglie profondamente lobate (che le fanno assomigliare un po' alla zucca matta, Bryonia dioica, tanto che in passato furono assegnate alle Cucurbitaceae), fusti dotati di peli in parte urticanti e in parte uncinati, e piccoli fiori bianchi o verdastri a cinque petali. G. repens, che cresce spesso in terreni disturbati, per la sua rapida crescita (può arrivare anche a 4 metri) viene considerata un'infestante dei coltivi. Insomma, un'erbaccia, in cui si rimane impigliati e che punge come un'ortica, come ci dicono alcuni dei suoi nomi comuni (ortiguilla, "piccola ortica", mala mujer, "donna malvagia, donnaccia", pega pega "acchiapparella"). Qualche approfondimento nella scheda. Forse Linneo avrebbe potuto scegliere qualcosa di più raffinato per onorare il suo antico protettore, ma volle giustamente rispettare la denominazione creata da Houstoun; e poi, in fondo, anche Gronovius, almeno nei confronti di Clayton, si comportò decisamente da erbaccia rampicante, pronto ad attaccarsi alle sue ricerche e a crescere soffocandone la carriera scientifica. Anche se le sue speranze di una nuova era per la scienza svedese si riveleranno infondate, Linneo volle ringraziare il re Gustavo III per il dono della collezione naturalistica del Suriname dedicandogli la pianta più bella della raccolta: Gustavia augusta, un dono regale dalla bellezza e dal profumo di paradiso. Il despota illuminato assassinato a un ballo in maschera Come ben sanno gli appassionati di opera lirica, la vicenda del Ballo in maschera di Verdi è ispirata all'assassinio del re di Svezia Gustavo III, avvenuto nel 1792; la censura borbonica, allarmata dalla rappresentazione di un regicidio, obbligò compositore e librettista a trasferire la storia nell'America coloniale e a trasformare il re di Svezia in un improbabile governatore di Boston. Gustavo III è un personaggio importante e discusso della storia svedese, che segnò profondamente con le sue scelte politiche e culturali. Salito al trono nel 1771, l'anno successivo con un colpo di stato mise fine alla cosiddetta "Epoca della libertà" (1720-1772), restaurando l'assolutismo monarchico; nel periodo precedente, il re di Svezia era di fatto privo di potere, mentre le decisioni erano prese dal Consiglio della corona e dalle assemblee degli stati. Da quel momento governò secondo i principi del dispotismo illuminato: introdusse riforme economiche e giuridiche volte a contrastare la corruzione; concesse la libertà religiosa e una limitata libertà di stampa; rilanciò la potenza militare del paese; promosse il teatro, la musica, l'architettura (creando lo stile gustaviano che fonde rococò e neoclassicismo). Inizialmente la società svedese - in particolare i piccoli proprietari terrieri e la borghesia - vide con favore la politica dell'energico monarca, che a molti sembrava preferibile alla corruzione e all'immobilismo del Parlamento, paralizzato dai conflitti tra i "berretti" filorussi e gli aristocratici "cappelli" filofrancesi. Più tardi, la determinazione di Gustavo a governare senza il parlamento, le eccentricità della sua vita privata, le spese crescenti e una politica estera sempre più avventurosa, che sfociò nel conflitto con la Russia del 1788-90, fomentarono una crescente opposizione, fino alla congiura aristocratica in cui doveva perdere la vita. Tra gli ammiratori di Gustavo III va certamente annoverato anche Linneo. Egli non si interessava di politica, ma parlando con i suoi allievi espresse il rammarico di non poter vedere il radioso futuro che si preparava per la scienza svedese. Conosceva bene il nuovo sovrano fin da ragazzo: negli anni '50 era stato uno dei suoi tutori e gli aveva impartito lezioni di storia naturale; negli anni '70, collaborò con lui alla gestione dell'Università di Uppsala, di cui Gustavo era Cancelliere e Linneo rettore; in questa veste, ottenne l'assenso all'acquisto di alcune opere molto costose. Dunque non fu né per prudenza (Linneo era un monumento nazionale che poco poteva avere da temere dalla svolta autoritaria di Gustavo) né per piaggeria che nel 1775 in Plantae Surinamenses gli dedicò la pianta più bella della collezione del Suriname donata da Gustavo all'Università: la spettacolare Gustavia augusta. Tuttavia le speranze di Linneo - e di molti suoi connazionali - non erano così fondate. Dopo la morte di Linneo stesso (1778) e di Wargentin (1783), segretario dell'Accademia Svedese delle Scienze e direttore dell'Osservatorio Astronomico di Stoccolma, la scienza svedese incominciò a perdere il ruolo centrale che aveva acquisito in Europa nel cinquantennio precedente. Emblematica è la vicenda delle collezioni linneane: messe in vendita dalla vedova dopo la morte precoce del figlio Carl junior, nel 1784 furono acquistate da James Edward Smith e trasferite a Londra. Gustavo III espresse il suo rammarico, ma non fece nulla di concreto per trattenere i preziosi materiali in Svezia. Quasi per fare ammenda, nel 1787 su richiesta di Thunberg donò all'Università di Uppsala il giardino del castello reale e altri terreni per ampliare l'orto botanico, accollandosi le spese; volle partecipare di persona alla cerimonia di inaugurazione, che avvenne nella massima solennità con lo sparo di 128 salve di cannone. Al centro degli interessi culturali del re, d'altra parte, erano soprattutto la letteratura, il teatro, la musica, tanto che nel 1786 egli fondò, sul modello dell'Acadèmie Française, l'Accademia di Svezia, la prestigiosa istituzione che ogni anno assegna il Nobel della letteratura. Gustavo stesso avrebbe invece potuto concorrere al premio IG-Nobel: nel 1771, al fine di verificare se il caffè e il tè fossero dannosi alla salute, promosse un esperimento utilizzando come cavie due gemelli monozigoti. Si trattava di due delinquenti condannati a morte; la pena fu commutata all'ergastolo, con l'obbligo per uno di bere ogni giorno tre tazze di tè, per l'altro tre tazze di caffè. L'esperimento fu seguito da due medici; il primo a morire fu il bevitore di tè (nel 1792, a 83 anni), ma lo avevano già preceduto entrambi i medici e lo stesso re, morto, come si è ricordato all'inizio, in seguito a un attentato durante un ballo in maschera. Approfondimenti sulla sua vita nella biografia. La regale Gustavia Il genere dedicato da Linneo al suo re è indubbiamente degno di un sovrano. Gustavia, rappresentante della piccola famiglia delle Lecythidaceae, comprende una quarantina di specie di alberi e arbusti tropicali, endemici del centro e sud America. Bastano i nomi assegnati ad alcuni generi per evocarne la bellezza fastosa: Gustavia augusta, G. speciosa, G. superba... A renderli spettacolari sono i grandi fiori con una vistosa corolla dai petali carnosi con al centro una corona di stami; la forma ricorda il loto, tanto da aver guadagnato alla Gustavia il nome inglese di Heaven Lotus tree, "albero di loto del Paradiso". I fiori emanano un profumo dolce e delicato; delicatissimi anche i colori, che vanno dal bianco appena toccato di rosa al rosa carico. Curioso è anche il portamento della pianta, con un ciuffo di foglie sulla cima dell'unico tronco o, nella piante mature, dei pochi tronchi, tanto che da lontano possono ricordare una palma. Molte specie di Gustavia sono endemismi di piccole aree delle foreste tropicali umide o aride e a causa della fragilità degli ecosistemi in cui vivono sono a rischio; tuttavia alcune, in particolare la più nota G. superba, sono abbondanti nelle foreste secondarie, da Panama all'Ecuador. Per la bellezza delle fioriture, inoltre, sono state introdotte come piante ornamentali in altre zone tropicali, soprattutto in Asia e Oceania. Altre informazioni nella scheda. Per Linneo, i suoi apostoli erano davvero investiti di una missione sacra; attendeva con ansia le loro lettere, i semi, le piante, gli esemplari che gli avrebbero permesso di collocare al proprio posto un altro mattoncino del grande edificio del Systema naturae. Ma il settimo apostolo, Daniel Rolander, non gli permise di dare neppure un'occhiata al ricco bottino che aveva raccolto in Suriname. Da allora, per gli esegeti di Linneo, è un fallito, reso folle dal sole tropicale, un codardo irriconoscente; per dirla con Linneo, ingratus disciplus Rolander "l'ingrato allievo Rolander". Il viaggio in Suriname Tra gli apostoli di Linneo, se Loefling, l'allievo prediletto, è Giovanni, allora Rolander è Giuda. I capi d'accusa contro di lui sono pesanti: infingardaggine, vigliaccheria, ingratitudine, follia, ubriachezza... Tuttavia nel 2008 la pubblicazione del suo Diarium Surinamense (rimasto manoscritto per oltre 250 anni) ha rimescolato le carte, tanto che viene di chiedersi se egli non sia stato piuttosto la vittima di una riuscitissima operazione di mobbing. Giudichiamo dai fatti. Nel 1754 alla corte di Svezia si presenta Carl Gustav Dahlberg, un ex militare che ha fatto fortuna in Suriname (Guyana Olandese), con una considerevole raccolta di esemplari botanici e zoologici che dona al re. Il personaggio entra in contatto con l'ambiente scientifico svedese, incluso Linneo. Quando fa girare la voce che intende assumere un giovane da portare con sé in Suriname come precettore delle figlie, Linneo propone il suo allievo Daniel Rolander: dato che di questo paese gli interessa soprattutto la fauna, in particolare gli insetti (tra cui la cocciniglia), Rolander, "entomologo fin dalla nascita", è la persona giusta. Dopo qualche titubanza l'affare va in porto; anzi Dahlberg, a sua volta appassionato naturalista dilettante, fa capire che - pur di lasciare il suo nome alla storia - il lavoro sarà una sinecura: Rolander potrà dedicarsi alle ricerche praticamente a tempo pieno. Linneo si dà da fare per raccogliere i soldi per il viaggio; tra i finanziatori, oltre a lui stesso, il celebre entomologo Charles de Geer. Nell'ottobre del 1754, Dahlberg e Rolander partono per l'Olanda, da dove si imbarcheranno per il Suriname. Tuttavia la partenza è ritardata da una malattia di Rolander; salpano solo nell'aprile del 1755 e giungono a Paramaribo in Suriname a giugno. Il loro arrivo coincide con una rivolta di schiavi neri; per circa un mese si fermano in città, per poi trasferirsi nella piantagione di Wajamo, di proprietà di Dahlberg. Veniamo al primo capo di accusa: secondo la vulgata linneana, in Suriname Rolander avrebbe combinato poco o nulla. In realtà, lavorò molto e con metodo: nel primo mese esplorò Paramaribo e i dintorni, poi per cinque mesi l'area della pianura, risalendo in barca fiumi come il Commevije e i suoi tributari e facendo tappa in diverse piantagioni. Infine, nel mese di gennaio 1756 tornò a Paramaribo, nelle cui vicinanze esplorò varie piantagioni. Si impose una ferrea routine: la giornata era dedicata alle ricerche, la sera alla preparazione degli esemplari e alla stesura degli appunti. I risultati furono imponenti per quantità e qualità, non solo nel campo dell'entomologia, ma anche della botanica; fu attento osservatore delle pratiche mediche dei neri e spettatore critico dello schiavismo. Mise insieme un erbario (raccoglieva molti esemplari per ciascuna pianta) che secondo un contemporaneo avrebbe potuto soddisfare tutti i botanici d'Europa. Fu tra i primi studiosi a comprendere il ruolo degli insetti nell'impollinazione delle piante. Quindi, l'idea di un Rolander instupidito dal clima tropicale che tralascia i suoi doveri è totalmente infondata. La seconda accusa è quella di codardia: Rolander sarebbe stato terrorizzato dai rumori, dai colori, dalla confusione e dalla violenza della natura tropicale; inoltre il timore di ammalarsi si sarebbe trasformato in un'ipocondria patologica. Qualcosa di vero c'è. In effetti, Rolander si era ammalato gravemente durante l'inverno trascorso ad Amsterdam; detestava il clima tropicale ed era molto critico sulle abitudini alimentari dei piantatori, in particolare quella di bere forte. La sua salute era malferma; un medico locale gli consigliò di cambiare mestiere; inoltre la paura di soccombere per una malattia tropicale non era così infondata, a giudicare dalla sorte degli altri apostoli. Se esplorò quasi esclusivamente le piantagioni, non fu per un terrore patologico degli animali della foresta, ma per la sollevazione degli schiavi fuggiti (maroon) che impediva di addentrarsi nel paese. Quando, dopo sette mesi, decise di rompere l'accordo con Dahlberg e di tornare a casa, la sua non fu quindi la fuga di un vile o di un folle ipocondriaco. In tono molto pacato, Dahlberg ne parla in una lettera a Linneo: "Quando gli ho chiesto di rimanere, prospettandogli la possibilità di esplorare le montagne, Rolander ha declinato accampando la cattiva salute, il clima ostile, la stanchezza per tanto lavoro, aggiungendo che ormai aveva visto tutto; forse pensa che il Suriname non sia così interessante come si crede". La rottura con Linneo e l'ostracismo Il viaggio di ritorno di Rolander fu complicato. Partito nel gennaio del 1757 da Paramaribo, il naturalista dovette fermarsi una decina di giorni nell'isola di St. Eustatius nelle Antille olandesi in attesa di condizioni favorevoli; sfruttò la sosta per integrare le sue raccolte con animali e piante dell'isola. Ad aprile era ad Amsterdam, ma sulla via di casa rimase bloccato per mesi ad Amburgo, ammalato e senza soldi. Solo ad ottobre riuscì a rientrare in Svezia, grazie al soccorso dell'Accademia delle Scienze svedese. Arriviamo così alla scena madre del dramma, e alla duplice accusa di ingratitudine e follia. Rolander e Linneo si incontrarono a Stoccolma; il maestro si offrì di ospitarlo a casa sua, ma l'allievo respinse l'offerta e gli negò l'accesso alle sue collezioni, promettendogli solamente il dono di un esemplare di Sauvagesia. Linneo, folle di rabbia, qualche giorno dopo si introdusse nell'abitazione di Rolander e sottrasse l'esemplare promesso. Ne seguì una rottura irrimediabile. Nelle biografie di Linneo, la colpa del fattaccio ricade sulle spalle di Rolander: la sua salute mentale, già vacillante in Suriname, sarebbe peggiorata, aggiungendo all'ipocondria la paranoia che lo induceva a sospettare di tutti, in particolare di Linneo (che, da questo momento in avanti, lo definirà "l'ingrato allievo Rolander"). Ma possiamo trovare motivazioni più razionali: probabilmente covava rancore verso il maestro che per mesi lo aveva abbandonato malato e senza mezzi ad Amburgo, mentre avrebbe potuto facilmente aiutarlo attraverso la sua potente rete di corrispondenti. Inoltre per Rolander, privo di mezzi e di appoggi familiari, l'unica risorsa erano le sue collezioni e il suo diario di viaggio: non era disposto a cederli per nulla, con il rischio che Linneo pubblicasse a proprio nome le scoperte che gli erano costate la salute e la giovinezza; in cambio voleva una cattedra universitaria o almeno risorse certe. D'altra parte Linneo considerava un suo diritto l'accesso alle collezioni dell'allievo che aveva formato, ospitato in casa sua e il cui viaggio aveva almeno in parte pagato di tasca propria. Dopo la rottura con Linneo, Rolander poté ancora contare su qualche appoggio. Inviò una cassa di insetti al barone de Geer e grazie a Abraham Bäck, medico, amico e corrispondente di Linneo, fu assunto come curatore del giardino dei semplici dell'ospedale Seraphim di Stoccolma. L'incarico avrebbe dovuto includere lezioni di medicina, ma Linneo avvertì Bäck che Rolander non ne aveva requisiti. Dopo qualche anno, vedendo che l'ostilità di Linneo impediva ogni carriera in Svezia, l'allievo ostracizzato si trasferì a Copenhagen. Neanche qui fu molto fortunato; dopo varie vicissitudini, grazie alla protezione di un professore tedesco, Christian Gottlieb Kratzenstein, riuscì a redigere il diario di viaggio (Diarium Surinamicum, quod sub itinere exotico conscripsit Daniel Rolander), ma non a farlo pubblicare. Alla fine per mantenersi fu costretto a cedere il diario a Kratzenstein e una parte dell'erbario a Rottboel, un altro botanico danese. Dopo il definitivo rientro in Svezia precipitò in una tragica spirale di indigenza e malattia, forse anche nell'alcolismo di cui lo accusa Linneo in una lettera del 1774. Qualche notizia in più nella biografia. Una pianta e una cimice La condanna postuma (i latini la chiamavano damnatio memoriae) ha continuato a perseguitare Rolander per più di due secoli; solo la pubblicazione nel 2008 di una traduzione inglese del Diarium Surinamicum nell'ambito del progetto dell'IK sugli apostoli ne ha riabilitato la memoria, permettendo la lettura diretta di questo notevole lavoro. I risultati delle sue ricerche sono rimasti fuori della storia della scienza, anche se per fortuna solo in parte: grazie alla cassa di insetti spediti a de Geer, Linneo poté studiare e includere nella decima edizione del Systema naturae un'ottantina di insetti del Suriname. Il diario e gli erbari furono utilizzati da Rottboel per diversi lavori; in Descriptiones rariorum plantarum (1777) egli pubblicò 12 specie raccolte da Rolander in Suriname, e gli dedicò il genere Rolandra, della famiglia delle Asteraceae. Invece il rancoroso Linneo, non contento di aver impedito a quello che considerava un giuda qualsiasi carriera accademica, si vendicò ulteriormente dando il suo nome a una cimice, Aphanus rolandri (dal greco aphantos, "oscuro, ignobile"); insomma, non un nome onorifico, ma un insulto. La ricompensa floreale toccata al travagliato allievo maledetto è un modesto contributo alla sua memoria; è una pianta che egli stesso aveva raccolto in Suriname, Rolandra fruticosa, unica specie del genere, nativa delle Antille e dell'America centrale e meridionale, dall'Honduras al Brasile. E' un'erbacea o un suffrutice dotato di proprietà medicinali, sfruttate nella medicina tradizionale. Altre notizie nella scheda. Da Uppsala, gli allievi di Linneo partono per esplorare il mondo; perfettamente addestrati dal loro maestro, sono in grado di studiare, descrivere, raccogliere, preparare e conservare gli esemplari di piante e animali che contribuiranno all'opera del loro mentore. Ma tra la metà e la fine del Settecento le esplorazioni scientifiche sono avventure pericolose: pochi di loro ritorneranno a casa. In un'isoletta del Vietnam finirà tragicamente il viaggio del primo di loro, Christoper Tärnström, che aveva sognato di raggiungere la Cina. Tardivamente, il figlio di Linneo lo compenserà con la dedica della Ternstroemia, una cugina della pianta del tè che lo sfortunato botanico avrebbe dovuto riportare dalla Cina. Gli apostoli di Linneo Nel bel racconto "L'allievo inglese" (in Specie rare, Dedalo 2013) la scrittrice americana Andrea Barrett immagina un Linneo sulla soglia della morte nella cui mente offuscata realtà e visione, passato e presente si confondono. E, compagni per l'ultimo viaggio, gli appaiono i suoi apostoli morti, allegri, chiacchieroni, senza rancore per le loro giovani vite stroncate. E ognuno di loro reca in mano una pianta, quella che gli è stata dedicata e lo ricorderà per sempre. Con il nome mezzo serio mezzo faceto di "apostoli" Linneo aveva l'abitudine di chiamare i suoi migliori studenti che inviò nelle capitali europee a diffondere il verbo linneano e nei cinque continenti in spedizioni scientifiche alla ricerca di animali e piante. Prima di partire, lo scienziato svedese - ottimo insegnante - li sottoponeva a un training che faceva di loro perfetti naturalisti raccoglitori, anche attraverso brevi spedizioni propedeutiche; aveva predisposto un codice di comportamento a cui attenersi: dovevano evitare di ubriacarsi, giocare d'azzardo, parlare di politica e offendere i governanti stranieri; ogni sera dovevano tenere un diario delle loro osservazioni scientifiche; raccogliere, disegnare e descrivere le piante; predisporre un erbario; raccogliere, preparare e conservare gli animali; studiare i costumi locali, facendo tesoro di tutte le conoscenze mediche, farmaceutiche, agronomiche che potessero essere utili alla Svezia. E, last but not least, durante il viaggio se possibile, e sicuramente al loro ritorno, inviare gli esemplari raccolti a Uppsala, al caro maestro. Naturalmente non tutti gli allievi di Linneo diventarono apostoli; molti, la maggioranza di loro, dopo gli studi a Uppsala divennero medici, insegnanti e preti di villaggio; solo i più dotati, i più devoti alla scienza, ma anche i più tenaci entrarono nel novero degli eletti. Sui loro nomi e sul loro stesso numero le fonti sono divise: chi dice dodici (tratto in inganno dal riferimento evangelico), chi ventidue, chi di più ancora. La fonte più autorevole, l'IK Foundation, che ha curato la pubblicazione in una splendida veste editoriale dei loro diari di viaggio, ne individua diciassette. Nel sito dedicato www.linnaeus.org si trovano mappe interattive dei viaggi e dettagliate schede bio-bibliografiche di questi splendidi e coraggiosi scienziati. Il viaggio del primo apostolo Diversi per età, origini sociali, provenienza geografica, temperamento, avevano in comune un metodo di lavoro e una passione inesauribile per le scienze naturali che li sostenne nelle terribili prove che molti di loro dovettero affrontare nel corso di viaggi che li portarono dalla Svezia alla Cina, all'Australia, alle Americhe, dalle terre artiche ai deserti dell'Arabia. Su diciassette, sette morirono prima di poter ritornare in Svezia, due poco dopo il loro ritorno, uno perse la ragione. Il primo fu anche uno dei più sfortunati. Christopher Tärnström (1711-1746) era un pastore luterano appassionato di scienze naturali. Già trentenne, era tornato a Uppsala appositamente per studiare con Linneo (di cui era più giovane di solo quattro anni) benché fosse sposato e avesse tre bambine. Il suo desiderio più grande era partecipare a un viaggio naturalistico; il suo maestro era perplesso: sia perché lo considerava troppo vecchio sia perché era padre di famiglia. Ma cedendo alle sue insistenze lo aiutò a trovare un imbarco come cappellano della nave Calmar, appartenente alla Compagnia svedese delle Indie orientali, che il 13 febbraio 1746 partì alla volta del porto di Canton in Cina. Linneo affidò a Tärnström una lista di quattordici desiderata, che comprendeva dei ciprini dorati per la regina Ulrika Eleonora e una pianticella (o almeno dei semi) di Camellia sinensis per sé; oltre a raccogliere animali e piante, gli chiese anche di effettuare precise misure della temperatura. Ma il povero Christopher in Cina non arrivò mai: infatti, dopo un viaggio abbastanza agevole, in ottobre la nave dovette fermarsi ad attendere il monsone favorevole nell'isola di Pulo Condor (Con Son), sulla costa dell'attuale Vietnam. Tärnström ne approfittò per erborizzare, ma a novembre si ammalò di febbri tropicali; quando la nave finalmente salpò, era così grave che non poté partire e morì il 4 dicembre. Fu sepolto nell'isola con altri svedesi colpiti dalla stessa malattia. Notizie più dettagliate nella biografia. La morte del suo primo apostolo fu un duro colpo per Linneo e comportò uno strascico assai sgradevole. Infatti la vedova, Brita Tärnström, lo accusò violentemente di averla resa vedova e di aver lasciato le sue figlie orfane e senza sostegno. Per stornare queste accuse, in parte ingiustificate visto che Tärnström era partito di sua volontà, Linneo si sentì obbligato ad assistere finanziariamente la donna e le bambine; ma, per evitare simili complicazioni in futuro, da qual momento inserì la regola che per le spedizioni scientifiche sarebbero stati scelti solo giovani scapoli senza famiglia. Ternostroemia, una cugina della pianta del tè Le ombre degli apostoli morti nel racconto di cui ho parlato all'inizio ostentano la pianta che è stata loro dedicata. In effetti, quasi tutti sono celebrati del nome di un genere; fanno eccezione solo Anton Rolandsson Martin, Fredrik Hasselquist e Carl Fredrick Adler. Il primo non ha lasciato contributi alla storia della botanica, perché il suo viaggio del 1758 aveva avuto per meta le gelide Spitsbergen. Federick Hasselquist tra il 1753 e il 1756 esplorò la Terrasanta alla ricerca delle specie citate nella Bibbia; morì durante il viaggio di ritorno, nei pressi di Smirne in Turchia. I materiali raccolti raggiunsero la Svezia e Linneo ebbe il doloroso compito di pubblicarli; gli dedicò il genere Hasselquistia, non riconosciuto (è sinonimo di Tordylium, un'Apiacea mediterranea). E' ricordato dalla specie Tordylium hasselquisti. Carl Fredrik Adler, uno degli apostoli più giovani, servì come medico sulle navi della Compagnia svedese delle Indie orientali e fece ben quattro missioni fino al porto di Canton; morì a Giava nel 1761, di ritorno dall'ultimo viaggio. Non gli è stata dedicata una pianta, ma una vespa delle galle (Adleria). Ma torniamo a Tärnström, il primo a partire e il primo a morire. Oltre a provvedere alla sua famiglia, il minimo che poteva fare Linneo sarebbe stato dedicargli una pianta. Ma non lo fece, forse per rancore nei confronti della combattiva vedova; a provvedere fu suo figlio Carl Jr. (Supplementa Acta Plantarum, 1791) sulla base di esemplari ricevuti da Celestino Mutis, capo della Real Expedicion Botanica del Nuovo Reino de Granada. Così il primo apostolo di Linneo, che avrebbe dovuto raggiungere la Cina per portare al suo maestro una piantina di tè, è celebrato dalla Ternstroemia, un albero o arbusto tropicale che, se non altro, fino a qualche anno fa era annoverato nella famiglia Theaceae (oggi è inserito in una famiglia specifica, Pentaphylacaceae, che ne è stata recentemente distaccata). E' un vasto genere diffuso in ampie aree tropicali e subtropicali di Asia, Africa e America; di grande valore ornamentale, le Ternstroemia sono coltivate per la bellezza sia delle grandi foglie coriacee sia dei fiori spesso raccolti in piccoli racemi. La specie più comune è Ternstroemia gymnanthera, originaria delle foreste dell'Asia orientale; questa ed altre specie sono presenti anche in Vietnam. Mi chiedo se Tärnström possa averne incontrata qualcuna mentre erborizzava nell'isola di Pulo Condor, che con il nome di Con Son sarebbe diventata tristemente famosa per aver ospitato un carcere ai tempi del colonialismo francese, poi della guerra del Vietnam. Oggi l'arcipelago di Con Dao, di cui Con Son è l'isola maggiore, è un sito riconosciuto dall'Unesco come patrimonio dell'Umanità, sia per i fondali marini ricchi di specie rare sia per le foreste con 300 specie di alberi, tra cui 44 endemismi. Altri approfondimenti su Ternstroemia nella scheda. Se immaginate i botanici come dolci signori con gli occhiali che con il vascolo a tracolla se ne vanno in giro trasognati a raccogliere fiorellini, la storia di Linneo e Siegesbeck vi farà cambiare idea. Scoprirete anche che nell'assegnare i nomi alle piante lo svedese non era sempre guidato dalle migliori intenzioni. Ma attenzione! E' una storia a luci rosse, vietata ai minori. Ditelo con i fiori! All'inizio, la pretesa di Linneo di ribattezzare le piante con il nuovo sistema binomiale suscitò parecchia ostilità e le ironie di colleghi ben più rinomati dell'allora oscuro medico svedese. Ma chi pretendeva di essere, un secondo Adamo? Tuttavia, mano a mano che il sistema si affermava, Linneo divenne davvero un'autorità riconosciuta, a cui ci si rivolgeva per conoscere il "vero nome" di ogni essere vivente. Non solo: essere eternato dal nome di una nuova specie, magari un lussureggiante arbusto fiorifero, divenne un onore a cui molti aspiravano. Così, lo scienziato svedese si rese conto di avere nelle mani il grande potere di conferire a colleghi ed allievi "l'unica gloria accessibile ai botanici", secondo le sue stesse parole. Ma egli qualche volta ne abusò, usandolo per fini un po' meno nobili. Almeno, fu quello che capitò al botanico sassone Johann Georg Siegesbeck. L'uscita del Systema Naturae nel 1735, con l'innovativa classificazione basata sui caratteri sessuali delle piante, aveva suscitato una tempesta di critiche, dovute sia a motivazioni scientifiche (rispetto ai consolidati sistemi di Tournefort e Ray, veniva giudicata del tutto arbitraria) sia alla sua supposta immoralità. Il critico più feroce fu proprio Siegesbeck, il quale nel libretto dedicato a smontare l'opera linneana Epicrisis in clar. Linnaei nuperrime evulgatum systema plantarum sexuale, et huic superstructam methodum botanicam (1737) definì il nuovo sistema "un disgustoso meretricio". Come si poteva credere- ironizzava - che 20 o più mariti (gli stami) si spartissero una sola moglie (il pistillo)? Era una bestemmia contro il buon Dio e le sue piante innocenti! Immediatamente Linneo rispose per le rime, battezzando Siegsbeckia una insignificante Asteracea che emanava cattivo odore, prosperava in zone disabitate e per di più era dotata di piccoli uncini grazie ai quali "le rimaneva appiccicato qualsiasi frammento di lanugine e di peluria". La polemica tra i due livorosi naturalisti si trascinò per anni, tanto più che Linneo riteneva che fosse tutta colpa dell'infamia gettatagli addosso dal rivale se per qualche anno la sua carriera accademica aveva segnato il passo. Non si degnò tuttavia di rispondere di persona alle grottesche argomentazioni del tedesco, affidando la difesa del suo sistema ad amici come Browallius e Gleditsch. Nel 1741 Siegesbeck rispose con Consideratio epicriseos Siegesbeckianae in Linnaei systema plantarum sexuale et methodum botanicam huic superstructam in cui definiva quello di Linneo "metodo lascivo"; c'era una bella differenza, secondo lui, tra la poligamia e il meretricio: la prima era sancita dal Vecchio Testamento, la seconda no (dunque, una pianta in cui molte mogli - i pistilli - soddisfacessero un solo marito - lo stame - gli sarebbe andata benissimo!). Nel 1744 un curioso incidente diplomatico rinfocolò l'astio. All'Università di Uppsala era arrivato un pacchetto di semi di Siegesbeckia orientalis; scherzosamente, Linneo gli appose l'etichetta "Cuculus ingratus"; seconda la più classica legge di Murphy, per una serie di circostanza sfortunate il sacchetto fu rispedito per errore proprio al botanico sassone, che divenne ancora più furibondo. Nonostante amici comuni cercassero di fare da pacieri, Linneo si rifiutò di scusarsi, dicendo che non lo avrebbe fatto neanche in cambio della più ricca raccolta di piante. A soffrirne fu la botanica, visto che da quel momento Siegesbeck non inviò più piante siberiane a Uppsala. Ma anche Linneo non perdonava. Ancora negli anni '60, quando il suo arcinemico era già morto da qualche anno, redigendo una lista di 33 botanici contemporanei, sotto forma di "esercito di Flora", assegnò a se stesso il grado di generale (sempre modesto, il vecchio Carl!) e a Siegesback l'ultimissimo posto, con il grado di sergente maggiore. Qualche notizia in più su di lui nella biografia. Fonte: A. Johnsson, Odium botanicorum. The polemic between Carl Linnaeus and Johann Georg Siegesback, Abstract in http://www.phil-hum-ren.uni-muenchen.de/GermLat/Abstr1/Av348e.htm Le virtù della Siegesbeckia Ma la povera Siegesbeckia, vittima inconsapevole di questa storia incresciosa, è davvero così abominevole? Effettivamente sia i semi sia il fiore emanano cattivo odore; l'aspetto non è certo attraente, ma la pianta è dotata di grandi virtù medicinali che la riabilitano del tutto. In Cina - dove pure è chiamata con il nome poco lusinghiero di "erba maiale pungente" per la sua puzza e il gusto aspro - è usata come medicamento da almeno 1000 anni. Le ricerche farmacologiche confermano le sue proprietà antireumatiche, antinfiammatorie, analgesiche, immunitarie e regolatrici della pressione bassa. E' anche valida per curare eczemi, orticarie e pruriti. Pare che sia efficace anche contro l'insonnia. L'estratto di Siegesbeckia entra nella composizione di costosi cosmetici per la pelle, per le sue proprietà calmanti e rigeneranti. Non male per il brutto anatroccolo della botanica! Approfondimenti nella scheda. Per dare lustro al titolo regale appena conquistato, Vittorio Amedeo II fonda l'Orto botanico di Torino. Qualche anno dopo Carlo Allioni ne farà un'istituzione scientifica di prestigio europeo, guadagnandosi la stima di Linneo. A lui - tra i primi ad adottare la denominazione binomiale e più tardi autore di un'opera fondamentale della botanica illuminista - lo svedese dedicherà il genere Allionia. Un nuovo orto botanico per un nuovo re Nel 1703, allo scoppio della guerra di successione spagnola, Vittorio Amedeo II di Savoia, infido alleato di Luigi XIV, decide di cambiare campo e si schiera con l'Impero e l'Inghilterra. La vendetta del Re Sole non si fa aspettare: lo stato sabaudo è devastato, la capitale Torino subisce un terribile assedio. Ma la "volpe sabauda" dimostra di aver visto giusto: non solo i francesi sono disfatti nella battaglia di Torino (7 settembre 1706), ma alla fine della guerra, con la pace di Utrecht, i Savoia entrano finalmente nel salotto buono della storia, accedendo al sospirato titolo reale. Adesso che Torino è la capitale di un regno (dal 1713 al 1714 di Sicilia, quindi di Sardegna) deve dotarsi di tutte le strutture che danno lustro a una monarchia degna di questo nome, comprese le istituzioni scientifiche. Immancabile tra queste un Orto botanico, dove studiare e coltivare le piante utili, ma anche collezionare le nuove specie esotiche, vanto dei Giardini reali di Parigi o di Londra. D'altra parte l'esplorazione e la conoscenza delle risorse del territorio per ogni stato nazionale è sempre più importante dal punto di vista economico, demografico e strategico. Così nel 1729 nasce l'Orto botanico di Torino, diretto dapprima dal medico Bartolomeo Caccia (morto nel 1747) quindi da Vitaliano Donati (1717-1762), eclettico scienziato, viaggiatore ed esploratore che fu anche all'origine del Museo Egizio. Il terzo direttore sarà Carlo Allioni (1728-1804), che lo gestì per un quarantennio e lo inserì nel circuito dei maggiori orti botanici europei, trasformandolo in una reputata istituzione di ricerca e incrementando enormemente le raccolte (sotto la sua gestione le specie coltivate salgono da 317 a 4500). Una visita all'eccellente sito dell'Orto botanico di Torino offre un panorama delle collezioni coltivate nei suoi spazi (giardino, boschetto, alpineto e tre serre) e molte informazioni di approfondimento sulla storia e le attività dell'istituzione piemontese. Caro Carlo, ti scrivo.... Quando diventa direttore dell'orto botanico, Allioni ha già al suo attivo un'opera importante, Rariorum Pedemontium Stirpium. Specimen primum, del 1755, in cui le specie, ancora indicate con il nome polinomiale, sono accompagnate da dodici splendide tavole disegnate da Francesco Peyrolery. Il libro è anche all'origine della corrispondenza e si può dire dell'amicizia con Linneo. Infatti, dopo qualche esitazione, Allioni, incoraggiato dal danese Peter Ascanius in visita a Torino, ne invia un esemplare all'illustre collega, che gli risponde con una lettera colma da gentilezza ed apprezzamento scientifico. Per un ventennio le lettere dei due Carli viaggeranno da Torino a Uppsala e da Uppsala a Torino, accompagnando libri, pacchetti di semi, fogli di erbario, campioni di minerali e esemplari essiccati. Il Carlo svedese apprezza la flora alpina, il Carlo piemontese le piante esotiche che potranno arricchire le aiuole dell'Orto botanico. I due discutono dell'identificazione delle piante, ma si scambiano osservazioni anche sui minerali e gli animali, essendo entrambi naturalisti dai vasti interessi. Linneo non lesina le lodi al più giovane amico: a proposito di Auctarium Horti Tauriniensis (lettera dell'8 novembre 1774) giunge a dire che le descrizioni della flora italiana di Allioni superano ciò che è stato scritto prima di lui quanto nella notte la luce della luna supera quella delle piccole stelle. A sua volta, Allioni farà proprie le tesi di Linneo, adottando tra i primi la nomenclatura binomiale, tanto da essere soprannominato il Linneo piemontese. I curiosi possono ora leggere questa corrispondenza nel sito The linnean Corrispondence nell'originale latino, accompagnato da una sintesi in inglese. E ovviamente non poteva mancare la dedica di un nuovo genere: Linneo provvide nel 1759, nella decima edizione del Systema naturae, intitolando all'amico Allionia, una deliziosa Nyctaginacea del Nord America. Il capolavoro di Allioni è Flora Pedemontana, sive enumeratio methodica stirpium indigenarum Pedemontii, frutto di 25 anni di lavoro, pubblicata nel 1785 (due volumi di testo e un volume di tavole), in cui vengono descritte 2813 piante delle Alpi occidentali. Questo trattato - notevole anche per la cura editoriale - è considerato uno delle opere botaniche più significative dell'Illuminismo. Altre notizie su Carlo Allioni nella biografia. Allionia, allionii Allionia è un'annuale o perenne di breve vita dal portamento strisciante, originaria del Sud degli Stati Uniti (dalla California al Texas dal Nevada all'Oklaoma), dai graziosi fiori rosa vivo. Non sappiamo perché Linneo abbia scelto proprio questa pianta per onorare l'amico piemontese, ma possiamo proporre qualche ipotesi. Intanto ha proprietà medicinali, e Allioni era un medico insigne. Inoltre ha un fiore davvero particolare: in realtà si tratta di tre fiori separati che sembrano formarne uno solo. Un'allusione alla poliedrica attività del naturalista subalpino, botanico, zoologo, geologo? Infine il piemontese è descritto dai contemporanei come un uomo di grande modestia, che univa all'immensa scienza la semplicità di cuore: la bella ma modesta Allionia non potrebbe essere il suo ritratto vegetale? Nella scheda qualche approfondimento sul genere Allionia e sulle sue due specie. Nato e morto a Torino, Allioni non può essere considerato un botanico sedentario. Mentre i suoi contemporanei esploravano le Americhe, l'Asia, l'Africa, le isole del Pacifico e l'Australia, percorreva instancabilmente il piccolo stato sabaudo, esplorandone palmo a palmo le montagne. Così raccolse un erbario composto da 11.000 esemplari e descrisse circa 400 nuove specie. Forse memore della morte del suo predecessore Vitaliano Donati - perito in mare mentre si dirigeva a Goa - non attraversò il mare neppure per esplorare la flora sarda, delegando la raccolta al collaboratore Michele Plazza. Diverse tra le nuove specie descritte da Allioni lo ricordano nel nome specifico: Arabis allionii, Veronica allionii, Campanula allionii, Sempervivum globiferum subsp. allionii (già Jovibarba allionii), ecc. Tra di esse una perla per rarità e bellezza, la Primula allionii, un endemismo delle Alpi Marittime. Per goderne la bellezza, si può dare un'occhiata alla gallery dedicata alla specie e alle sue cultivar orticole sul sito dell'American Primrose Society. I protagonisti della prossima storia sono un padre dal temperamento vulcanico; un figlio che segue le orme di tanto padre, cercando però uno spazio proprio e originale; selvagge piante delle praterie americane trasformate nei più comuni fiori da aiuola. In altre parole, parleremo di Olaus Rudbeck padre e figlio e delle Rudbeckie. Con un cameo di Carl von Linné. Senza dimenticare un discendente esplosivo. Una dedica riconoscente Come abbiamo visto in questo post, l'incantevole Linnaea ha corso il rischio di portare il reboante nome di Rudbeckia. Sarebbe stato davvero troppo per i suoi fragili steli! Invece l'assegnazione al genere che conosciamo con il nome Rudbeckia è davvero azzeccata. Nel 1728, quando ventenne arrivò a Uppsala per studiare all'Università, Linneo era povero in canna. Olaus Rudbeck il giovane (1660-1740) non solo divenne il suo professore di botanica ma lo assunse come precettore dei suoi figli e talvolta lo chiamò a sostituirlo a lezione; più tardi, sponsorizzò la sua spedizione in Lapponia e ne protesse la carriera accademica. Linneo ne divenne il successore nella cattedra di anatomia e botanica e nell'incarico di curatore dell'Orto botanico dell'Università di Uppsala. Dunque egli non poteva mancare di commemorare il suo maestro, protettore ed amico, dedicandogli un genere botanico. Dato che gli piaceva che ci fosse un legame tra genere e dedicatario, scelse la Rudbeckia per le ragioni che spiegò in una lettera al suo vecchio mentore: la pianta era molto apprezzata nei giardini e spiccava alta tra gli altri fiori come Rudbeck per la sua alta statura; inoltre i suoi petali a raggiera dai colori fiammeggianti "testimoniano il vostro splendore tra i sapienti, simile a quella del sole tra le stelle". Queste parole, colorate da un briciolo di adulazione, calzano perfettamente anche al secondo dedicatario del genere, Olaus Rudbeck il vecchio (1630-1702), padre del maestro di Linneo, una personalità davvero importante della nascente scienza svedese. Un padre vulcanico Nel Seicento, la Svezia, da paese marginale sullo scacchiere europeo, era diventata una superpotenza, grazie soprattutto alla guerra dei Trent'anni, quando i suoi eserciti scorsero in lungo e in largo mezza Europa, guidati dal re Gustavo Adolfo. Di questo nuovo ruolo, Olaus Rudbeck il vecchio può essere considerato il prodotto e il simbolo. Come medico e anatomista, fece importanti scoperte sui vasi linfatici e chiliferi; come iniziatore dell'archeologia svedese, fu tra i primi ad intuire i meccanismi della stratificazione del terreno; come animatore degli studi ingegneristici, promosse canali e altre strutture; come botanico, fondò l'Orto botanico di Uppsala e scrisse un compendio delle piante allora conosciute. A questo vulcanico personaggio, vero figlio del suo tempo, non manca neppure una vena di bizzarria: nella sua Atland eller Manheim identificò la Svezia con la mitica Atlantide. In confronto il figlio omonimo, Olaus Rudbeck il giovane, è una figura più tranquilla (ma solo relativamente, se si considera che ebbe una ventina di figli e mantenne gli incarichi accademici fino a tarda età). La sua carriera si svolse nel solco del padre; anch'egli medico, anatomista e botanico gli succedette nella cattedra di medicina e botanica e nel ruolo di rettore dell'Università di Uppsala. Del padre continuò ugualmente gli studi linguistici. Tuttavia, un tratto lo distingue e ne fa il figlio di un'epoca più moderna, quasi preromantica: nel 1695 partecipò a una spedizione naturalistica in Lapponia e ne ritornò con quaderni di bellissimi acquarelli che ritraevano uccelli, fiori e paesaggi. Una sintesi delle vite di padre e figlio nella sezione biografie. Un'ultima curiosità: Wendela Rudbeck, figlia Olaus il vecchio e sorella di Olaus il giovane, sposò Peter Olai Nobelius; fra i discendenti della coppia Alfred Nobel, inventore della dinamite e fondatore dell'omonimo premio. Secondo lo studioso Henrik Schück la capacità inventiva del celebre discendente sarebbe un'eredità "rudbeckiana". Insomma, possiamo concludere che, con le sue corolle sgargianti e un po' scomposte e la capacità di adattarsi a tutte le condizioni che ne hanno fatto da tre secoli una beniamina dei giardini, la Rudbeckia ha proprio il nome giusto. La Rudbeckia arriva in Europa Quando Linneo le diede il nome (in Species Plantarum, 1753), qualche Rudbeckia era già arrivata da un pezzo in Europa, dove era chiamata con i soliti confusi nomi polinomiali, come ad esempio Obeliscotheca integrifolia, radio aureo, umbone atro-rubente. Questa Asteracaea (Composita) nativa delle praterie del Nord America, era stata introdotta in Europa già nel secolo precedente grazie a John Tradescant (la prima ad arrivare sarebbe stata la R. laciniata, fin dal 1640). Apprezzata per i suoi fiori dai colori solari e per la rusticità, era diventata da subito una favorita dei giardini, come continua ad essere anche oggi. L'introduzione di varie specie e di nuove cultivar ha aggiunto nuovi colori (accanto al comune giallo, tutte le sfumature dell'arancio fino al rosso mattone), fiori multipli e doppi. Qualche informazione in più nella scheda. 1732: un giovane scienziato svedese, nel corso di una spedizione botanica in Lapponia, rinviene grandi quantità di una deliziosa piccola pianta che diventa ben presto il suo fiore preferito. Quel giovane era il grande Linneo e quella pianta la Linnaea borealis. Raccontando la loro storia scopriremo perché molte piante commemorano personaggi più o meno celebri, perché la Linnaea si chiama così e impareremo qualcosa di più su questa bellezza in miniatura. Linneo e la denominazione binomiale Il primo articolo di questo blog è obbligatoriamente dedicato a Linneo, l'Adamo che ha dato il nome alle piante (e agli animali). Com’è noto, egli impose la nomenclatura binomiale, che si basa sull’attribuzione ad ogni essere vivente di due nomi (in lingua latina): il primo definisce il genere ed è uguale per tutte le specie che hanno in comune alcune caratteristiche generali (ad esempio Begonia), il secondo indica la specie distinta dalle altre per alcuni caratteri particolari (ad esempio Begonia semperflorens). Con questo sistema (non del tutto inventato da lui, ma finalmente usato in modo sistematico) rivoluzionò per sempre la nomenclatura scientifica degli organismi viventi, creando una denominazione universale al di là delle singole lingue e dei nomi di uso locale. Nei suoi libri, Linneo descrisse e classificò migliaia di specie. Per cogliere la portata dei suoi lavori, basti pensare che l’International Plant Names Index alla data di oggi gli assegna 39542 record (anche se non tutti corrispondono a denominazioni oggi accettate). Nell'attribuire un nome a piante conosciute e in generale alla flora del vecchio mondo, egli riprese quando possibile i nomi latini o classici: ad esempio latini sono Rosa, Viola, Hedera, greco-latini Narcissus, Hyacinthus, Daphne. Su basi latine coniò poi nomi descrittivi per le piante esotiche che affluivano sempre più numerose dai quattro angoli del mondo: ad esempio battezzò Indigofera tinctoria "la pianta portatrice di indaco dei tintori" la pianta (proveniente dall'India) da cui si ricavava l'indaco. Non di rado, tuttavia, nell'assegnare il nome a un genere sconosciuto in Europa o recentemente scoperto, rese omaggio a studiosi contemporanei o del passato, ai suoi allievi che sguinzagliò alla caccia di piante in tutti i continenti, o semplicemente a potenti, persone influenti e protettori. In ciò, seguì l'esempio di Charles Plumier che a quanto pare sarebbe stato il primo ad utilizzare nomi celebrativi per battezzare i nuovi generi di piante. Com'è giusto, tra i botanici onorati dal nome di una pianta c'è anche Linneo stesso (o per chiamarlo con il suo vero nome, Carl von Linné), immortalato da Linnaea borealis. In realtà, il nostro non era così arrogante da dedicare su due piedi un genere a se stesso. La storia è un po' più complicata. Nel 1732, quando aveva 25 anni, partecipò a una spedizione botanica in Lapponia, nel corso della quale trovò molti esemplari di una pianta che chiamò Campanula serpyllifolia ("Campanula con foglie simili al timo"). Questa pianta diventò la sua favorita. Qualche anno più tardi, nel 1735, nel suo Systema naturae la battezzò Rudbeckia in onore del proprio maestro Olof Rudbeck e del padre omonimo: Rudbeck il giovane aveva infatti esplorato la Lapponia prima di lui. A ribattezzare la pianta Linnaea in onore del giovane amico svedese fu il protettore di Linneo durante il suo soggiorno nei Paesi Bassi, il botanico olandese Jan Frederik Gronovius. Non troppo riluttante, lo stesso Linneo accettò l’omaggio e usò il nome Linnaea nel suo Species Plantarum del 1753, dove per la prima volta descrisse la pianta battezzandola Linnaea borealis ("L. delle latitudini settentrionali"). Sottolineò, anzi, che c'era uno stretto legame tra lui e la pianta: entrambi arrivavano dall'estremo nord, era modesti, quasi insignificanti; dunque, a suo parere, Gronovius aveva scelto bene. Che poi Linneo fosse davvero modesto non è proprio vero, ma evidentemente gli piaceva presentarsi così. Comunque egli non dimenticò di omaggiare il suo maestro, attribuendo il nome Rudbeckia a un’altra pianta. E nessuno si stupirà di scoprire che esiste anche la Gronovia! Un breve profilo di Linneo nella sezione Biografie. E naturalmente, lo incontreremo spessissimo in questo blog. L'affascinante Linnaea Al di là della complicata storia del suo nome, Linnaea borealis è una pianta interessante di per sé. In primo luogo si tratta di una cosiddetta "specie relitta": in Europa è presente nella penisola scandinava e in diverse aree montane, in particolare nelle Alpi. Poiché la sua distribuzione non è continua, si suppone che nei periodi glaciali occupasse un'area molto più ampia; dopo l'ultima glaciazione, il suo areale si ridusse alle zone più fredde, mentre a sud riuscì a sopravvivere solo in montagna. Il genere Linnaea è monospecifico, in altre parole comprende l'unica specie borealis, diffusa nei tre continenti dell'emisfero boreale, con tre sottospecie: Linnaea borealis subsp. borealis - Europa Linnaea borealis subsp. americana - America Settentrionale Linnaea borealis subsp. longiflora - Asia e costa pacifica dell'America settentrionale (dall'Alaska alla California). Sono le sottospecie europea ed asiatica ad avere carattere di specie relitta, mentre la sottospecie americana occupa un areale piuttosto ampio, come si può vedere nella mappa pubblicata nel sito del Biological Laboratory delle Montagne rocciose. Un'ultima curiosità: la Linnaea borealis appartiene alla famiglia delle Caprifoliaceae, ma alcuni ricercatori tendono ad assegnarla ad una famiglia propria: le Linnaeaceae. Come molte alte piante, la gentile Linnaea è diventato anche un nome femminile, Linnea, diffuso in Svezia (dove è comune anche il diminutivo Linn), Finlandia, Norvegia e Inghilterra. Altre informazioni su questo genere, comprese le complicate discussioni tassonomiche che lo coinvolgono, nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
April 2024
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